Onorevoli Colleghi! - La legge 14 agosto 1991, n. 281, è stata salutata come una delle più avanzate in materia di tutela del «benessere animale». I limiti della normativa sono noti, anche se è innegabile che il provvedimento abbia svolto in modo completo la sua funzione di stimolo: se nella maggior parte dei casi, infatti, le regioni hanno dovuto porre mano ex novo alla redazione delle rispettive normative in materia, è altresì vero che, in qualche contesto, l'emanazione della legge-quadro ha fatto scattare l'esigenza di adeguare, migliorandola, la normativa regionale previgente relativa alla tutela degli animali da affezione.
La citata legge n. 281 del 1991 ha sancito in modo netto il principio in base al quale gli animali d'affezione, quali esseri viventi, hanno diritto alla dignità e al rispetto delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche. Purtroppo l'uomo ha sviluppato, oggi più che mai, un atteggiamento schizofrenico nei confronti del mondo animale: da un lato, si è presa coscienza dei diritti di cui sono depositari gli altri esseri viventi; dall'altro, le violenze perpetrate ai loro danni non diminuiscono, anzi tendono ad aumentare. Ciò che più colpisce e ferisce è che, mentre nel passato le violenze erano «giustificate» dalla necessità di sopravvivenza (difesa, alimentazione eccetera), oggi queste sono determinate da incuria e ignoranza (circhi, corride e combattimenti di vario genere) e dalla pratica indiscriminata dello sfruttamento a scopo di lucro.
Nei riguardi dei cosiddetti «animali da affezione» - cani e gatti in particolare - le violenze e i maltrattamenti assumono